di Alessio Stefanelli
Questo sabato non lavoro!?!?!?!!!!
Chiamo subito Enrichetta, la mia finta vera sorella.
Ci vediamo per pranzo, allora? Si! Dove? Bè, a Oxford Circus, noi e un milioncino di persone. Perfetto! Prima tappa French Connection dove Enrichetta deve anzitutto ritrovare un vestito uguale a quello che ha già comprato per l’imminente matrimonio in Galles e, poi, provarlo con scarpetta fucsia che già possiede, abbinata a borsetta fucsia appena acquistata da Topshop (il magico mondo di Kate Moss).
La shop assistant di French Connection è gentilissima, prodiga di consigli e pronta a scherzare: romana lei, genovese Enrichetta, perugino io: tutti a Londra, tutti a Londra, a mostrar…bah.
Compiuta la missione look creation, arriva il momento di nutrirsi.
Andiamo da Joe Soho, un posto dove pizzaioli polacchi sfornano ottime pizze e dove si accetta solo pagamento in contante: giusto!
Io ed Enrichetta prendiamo uno, due, tre…Spritz!
Nel primo c’è mezz’arancia in ogni bicchiere: Enrichetta, nota tra amici e conoscenti per chiedere e ottenere sempre ciò che le spetta, fa notare con allegra precisione che nello Spritz ci va un solo spicchio, e sottile, d’arancia.
I successivi due spritz sono, in effetti, impeccabili.
Belli consi (ubriachi) e attrippati, lasciamo il locale.
Un caffè ci starebbe da favola ora…si!
Dove vai a prenderlo a Soho se non al Bar Italia?
Un furto legalizzato che non si ferma dagli anni Sessanta: sarà anche caro, ma l’espresso è, secondo molti, l’unico degno di essere bevuto a Londra.
E poi, in questo Bar dello Sport sempre Anni Sessanta, l’atmosfera è, quantomeno, colorita.
Io, per esempio, abbraccio un cameriere alla porta perché mi sta simpatico e… tutti a ridere contenti!
Enrichetta e io ci accomodiamo ai tavoli fuori, a godere del sole e anche dello struscio tipico del weekend: chiaramente, essendo Londra una metropoli sterminata, passa in quell’istante un conoscente con gruppo di amici, tutti italiani: breve scambio di saluti.
Tutti a Soho oggi è? Bè anche si, specie per chi è gay: Soho, il paradiso dei gay e l’inferno dei turisti.
Mai comprare, per esempio, erba da fumare per strada a Soho: facilmente ti ritrovi un cartoccio pieno di rosmarino…e si sa, i dickhead (testa di cazzo) stanno un po’ dappertutto.
Finito di prendere il caffé, Enrichetta non nasconde, anzi dichiara, una gran voglia di massaggi. Perfetto, China Town è a due passi, con tutta la sua arte del massaggio a disposizione dei fortunati passanti.
Prima di inoltrarci nella strade interne, dove magari un buon massaggiatore si può anche trovare, la lesta Enrichetta punta una vetrina con una ragazza tutta vestita di bianco che Enrichetta dice ispirarle fiducia.
Io manifesto qualche perplessità: su Shaftesbury Avenue tutti i negozi sono truffe ai turisti, magari cerchiamo un posto più all’interno… Niente, si va dalla ragazza di bianco vestita.
Trenta pounds a testa, pagamento anticipato.
Andiamo in due stanze separate, io ed Enrichetta, con due massaggiatrici diverse: a me tocca quella che stava in vetrina.
Resto solo per spogliarmi: lei rientra e mi da’ un’occhiata colma di disprezzo.
Ah, devo togliermi anche i pantaloni? Ok!
Meglio così, la stanza è calda e vagamente profumata: mi sdraio a pancia in giù e lei, per prima cosa, mi abbassa ulteriormente le mutande.
Va bene, vediamo come prosegue…
Inizia a massaggiarmi delicatamente la schiena… ma perché respira come se stessimo girando un porno?
Bah…Intanto il mio stomaco gorgheggia come un soprano che prova dietro le quinte: ci fosse stato un bel manzetto al suo posto, penso, sai che figura di merda!
Ad un tratto mi sento picchiettare la spalla: sollevo leggermente la testa e la punto con sguardo inquisitorio.
Lei, vergine anima lunga dell’Estremo Oriente, solleva la mano e mima prima il gesto di un handjob (una sega) e poi di un blowjob (un pompino).
E, dal gesto, passa alla parola: Massage?
Io, stoicamente gay, le chiedo di restare concentrata solo sulla schiena.
Dopo mezz’ora il massaggio finisce e mi sento esattamente come prima che iniziasse, ma con un’esperienza in più da cui trarre un raccontino: eccolo!
Mentre ci allontaniamo, scopro che anche Enrichetta ha una storia da raccontare: la sua massaggiatrice, dopo le prime manate, le è saltata sopra la schiena con agile mossa felina e, anziché scioglierle le tensioni, si è sciolta i lunghi capelli e glieli ha passati delicatamente lungo la spina dorsale: chiamatele, se volete, emozioni…
Il sole intanto splende ancora e fa caldo: prendiamoci un drink, di nuovo a Soho: sai mai ci scappa un bel rimorchio.
Dove andiamo? Bè, allo Yard (al Cortile).
Non lo hanno ancora chiuso, ma c’hanno provato: ormai un metro quadro a Londra vale talmente tanto che tanti locali vanno chiudendo per essere convertiti (o pervertiti) in mini o maxi flats da vendere a partire da prezzi molto competitivi – settecentomila pound un two bedrooms. Stica…zzi!
Si, Londra sta diventando una città solo per ricchi: anzi, non per ricchi, ma per billionaire, perché ormai i millionaire non sono visti molto di buon occhio.
Dicesi capitalismo.
Tornando a noi, siamo arrivati allo Yard ed Enrichetta, che da buon Ariete già non capisce più niente perché abbisogna di dormire pesantemente almeno un’oretta (meglio un paio) dopo i pasti, si prende solo una Coca Cola. Io, uno champagnino.
C’è gente allo Yard: oltre ai camerieri, di cui almeno una metà italiani, c’è un tipico gruppo di boys and girls in fancy dress (travestiti tipo Carnevale).
Poi tanti avventurieri, tante occhiate ammiccanti e tante tastate di culo.
Ma nulla di fatto, Enrichetta non ce la fa più, tempo di riportarla al suo amico scooter.
Che donna la mia amica: nonostante gli spritz, il massaggio e il prosecco, salta in sella come nulla fosse e si allontana sicura al controllo del mezzo.
Io, bè, essendo uno dei pochi sabati liberi, proseguirò la serata con Paolo, che eccolo arrivare.
Ma a me, come a voi, piacciono le storie brevi, quindi per ora finisce qui.
See you in London!