Perugia, cronaca di arte ed eroismo. Niente e nessuno potevano fermarci.
Il vento, il vento. Pausa, la giovane Miriam riprende fiato. Il vento l’ha fatto cadere, ha fatto cadere il filo. Giù, in corso Cavour. Venite. Tutti noi in piazza Matteotti, incappucciati al gelo, ce la siamo vista arrivare come un’Ariel saltata fuori dalla Tempesta. E il filo era il filo rosso, non un nastro ma un oggetto sacro. Un qualcosa che non si strappa, ma cade. Come uno di noi, in battaglia. E va rialzato, con cura e coraggio. Sfidando la sorte avversa e ogni potenza nefasta che si è scatenata contro il disordine creativo di un gesto semplice e rivoluzionario, che ha scompigliato un ordine immobile, senza qualità. Poi la giovane Miriam è rimasta con noi. Col sorriso e la certezza che niente avrebbe abbattuto questa opera inimmaginabile e sorprendente. Fatta di filo, ma soprattutto della grandezza di chi questo filo lo sostiene con passione e fede. Trasformando la materia del nastro rosso in coraggio e passione. In azione.
Quando in corso Cavour il maestoso Orfeo ha presentato a tutti noi Nati.
Nati si chiama Senad. Viene dalle terre struggenti misteriose della Macedonia. Ha il sorriso di antichi guerrieri che cavalcano a pelo sull’orizzonte di un film di Manchevski. Prima della pioggia ha incontrato la compagnia del filo in corso Cavour. Ed è diventato uno di noi. L’uomo destinato dalla storia a legare l’ultimo nodo sul Cassero. A sigillare la grandezza che d’improvviso si è spalancata davanti agli occhi di chi sa vedere e di chi non vuol vedere. Il giorno che Orfeo, il sindaco di Borgo Bello, ci ha presentato Nati c’era il sole. Era primavera e tutto sembrava fiorire nello zigzagare di questa opera. Corso Cavour scintillava di presenze e gioia per un semplice passaggio di una processione laica e nel contempo sacra. Di nonnine curiose alla finestra, carabinieri amanti dell’arte. E navigatori, santi e cuochi. Con Orfeo, sempre lui, a spiegare a tutti che dalla madonnina del fuoco a salire, poi immergendosi nel cuore del centro e scendendo in piazza Grimana per poi la risalita al cielo del Cassero di Porta Sant’ Angelo era un’azione di tessuto artistico e sociale. Di condivisione e amore per questa città fiera e distratta. Di oscurità e magia, con piccole chiese che si spalancano meravigliose nella notte. Dove risiedono segreti e antiche potenze sono pronte a rovesciare il quotidiano, a pretendere che lo sguardo si alzi verso il cielo. Che accenda le domande ascoltando la musica profonda che arriva.
La presa del Tribunale d’Inverno, ma indossando la felpa del St. Pauli Fc.
Lo zigzagare rossofilato ha le sue origini storico-culturali. Siamo contemporanei, perugini, etruschi e viaggiatori del mondo. Portiamo nel nostro zaino le sfide di Isola Art Center a Milano e di Park Fiction nel quartiere Sankt Pauli ad Amburgo. Al nostro fianco Raffaello, ragazzetto per corso Vannucci, Pietro Castellini col suo schioppo anarchico, Joseph Beuys (attento al cappello che vola via nella bufera), gli amici silenziosi e tenaci nel gelo delle nottate a lavorare, lavorare. Ma quando Antonio con la sua felpa, con sopra stampato il Jolly Roger, è apparso con Kristina tra le bandiere del Palazzo, beh dalla piazza è venuto su un mormorio; un brivido ben più evidente di quello dovuto al freddo della tormenta ha accolto i pirati del filo rosso in inarrestabile arrembaggio.
La maestra che narrava Sant’Ercolano martire e spiegava pure il filo.
Un passo indietro, sulle scalette di Sant’Ercolano. Bella, la maestra di Gualdo Tadino che a una marea di marmocchi cercava di spiegare il senso della chiesa-fortezza, la figura del vescovo patrono. Dopo aver raccontato anchecon passione la vicenda di sant’Ercolano, vescovo e martire, decapitato per ordine di Totila, re dei Goti, si è fermata ad ascoltare domande. Il bimbo: Maestra il filo rosso che significa? Lei, teatrale, ispirata da una divinità: la speranza, c’è sempre una speranza di fronte all’impossibile, ricordatelo.
Il filo polverizza la paura di contatto, contro gli inni alla paura.
Erano le due di notte in via della Viola, turni straordinari per rimetterci in paro dopo la terribile tempesta, ci mancava un attacco prima di planare sulla facciata del Postmodernissimo, simbolo del centro che reclama centralità, della cultura come attività condivisa. Non c’è alternativa alla fioriera di un appartamento a circa quattro metri di altezza, suonare a quell’ora non è carino e allora su con la scala, si bussa dal vetro. “Non farlo, chiamerà la polizia…” e invece no, sorride, accorda il permesso e si procede. Se vuoi entrare in contatto con la città, non devi avere paura.
Attacco notturno all’Università per Stranieri, cuore di una certa Perugia.
Giornata di lavoro in via Pinturicchio, in grossa parte sfitta e dismessa ma ancora sede di piccoli miracoli come quello dell’artigiano del cioccolato Giordano. La Pasqua si avvicina e allora è tempo di uova, dentro il laboratorio ci scappa qualche assaggio e la visione di una Perugia dove il cioccolato non è un brand ma lavoro fervido e quotidiano. Di notte si arriva in piazza Grimana, ultimo aggancio, corso Garibaldi è già connesso, che facciamo? Sfidiamo nuovamente il vento che ci ha rotto il filo sulla facciata dell’Università per Stranieri? Certo, troppo importante per noi quel posto. Sta chiudendo, il portinaio s’incazza, strappiamo mezzo permesso e via: ricongiunzione totale nel buio di un luogo di sapere, rete e incontro. Il vento lo sa, e non ci riprova…
Corso Garibaldi del barbiere scultore e dell’anarchico controvento.
Quando il mitico barbiere ha visto Franco Troiani, dalla barba scolpita è passato al bastone, anch’esso scolpito. Improvviso è nato l’amore tra l’artista di Spoleto e il barbiere di corso Garibaldi. E il cliente in attesa è rimasto in attesa: fate come se non ci fossi, eh. Ha detto con ironia. E hanno fatto come se non ci fosse mai stato. E l’artigiano anarchico? Ogni mattina che apre spara l’Internazionale a monache di clausura e donzelle dello studentato. Un vento forte, teso che mai smette di soffiare sulla salita che porta al Cassero dove dopo dieci giorni di fatica e bellezza gli eroi della Compagnia del filo sono arrivati. Un po’ affaticati con le barbe incolte. Ma pieni di energia raccolta durante questo attraversamento.
Nella nebbia si spalanca lo scrigno.
Ma prima di arrivare all’epilogo, un passo indietro, in una delle serate più buie e piovose. A un certo punto della salita di corso Garibaldi appare un anziano, come in una visione. Si spalanca una serranda e lascia intravedere un mondo. Il libraio collezionista ha nel suo deposito ogni ben di Dio: dai vecchi Topolino a Vie Nuove, per virare sulle prime edizioni di qualunque cosa sia stata stampata. Vecchi gialli, riviste di carta ormai scomparse dalla memoria, Fumettoni rosa accatastati accanto alle parole di Pasolini. Uno straordinario archivio di tutto quello che è stato pubblicato. Poesia di carta e scaffali.
L’orizzonte del Cassero. Quando il gioco si fa duro i duri continuano a salire e legare nodi.
Eccoci arrivati. A un certo punto eccoci arrivati davvero, cala dall’alto il filo rosso come uno stendardo. E scalino dopo scalino si sale fino in cima alla Torre. Il vento forte fa fuggire le nuvole e fa vibrare il filo rosso assieme ai nostri cuori. Non si tratta di una festa, ma di un abbraccio. Alla bellezza, al coraggio, all’ardire di un piccolo gruppo di persone che è diventato un’opera corale della città intera, un legarsi e connettersi di tutti quelli che hanno saputo alzare gli occhi verso il cielo, sfidando luoghi comuni e mettendo insieme, nella realtà e non nel virtuale, idee ed esperienze. Saperi e fantasia. E l’ultimo nodo – non per un caso – spetta al mitico Nati, l’uomo in più della squadra. La fanfara suona un allegro motivetto, i discorsi vanno via come cioccolatini, ovazioni e stupori volano verso l’orizzonte. La coppia di turisti per caso sul Cassero racconta in francese che questa Perugia è davvero una sorpresa. Hanno seguito la traccia, scoperto che un organo suona nel percorso la sua nenia antica, che nuove prospettive si impennano allo sguardo. Ora sono in cima a questo mondo e sono felici, dicono. Ci abbracciano. Torneranno nei loro paesi contenti di aver goduto di Raffaello e di questo semplice segno rosso che significa tanto. Che accende domande e non le chiude in una risposta. Che c’è oltre questo orizzonte? Ce lo continuiamo a chiedere. Il mondo. Da quella parte Mosca, da quest’altra Amburgo, laggiù Tunisi… In viaggio.
La Compagnia del Filo.
Questa definizione fulminante è di Damiano Fratini, fonico del documentario di Alberto Brizioli che presto sarà pronto. Dello spirito collettivo dell’opera ne abbiamo scritto lungamente e con passione. Le parole di questa narrazione sono di Antonio Cipriani e di Antonio Brizioli, accolte graficamente nel lavoro di Giulia Cipriani, Daniele Ciurcina, Kristina Borg e Valentina Montisci.
Questo racconto è compreso, nell’impaginazione eroica mostrata in copertina, all’interno del #numerouno di Emergenze. Sull’operazione è stato girato un documentario in uscita il prossimo dicembre. Stay tuned!
Super.