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di Sara Datturi

Camminiamo, ci incastriamo in futuro e presente che si sentono e battono ritmici nel nostro essere dannatamente fragili e bisognosi d’amore. Una vulnerabilità, un’esigenza umana che ci rende forti, dove si ballano le note dell’atavica esigenza a legarci, scoprire chi abbiamo vicino, intervallati dal bisogno di amare ed essere amati. Abbiamo così paura di perdere dalla nostra vita chi è o è stato parte di un periodo importante… ci dimentichiamo delle risorse che gli altri hanno, della loro forza e cuore.

Ecco, in questi giorni sono bloccata nel mio cuore, incapace di dare una tregua a quest’esigenza forte di voler costruire ed avere un compagno di lotta vicino, è un’ondata violenta di sensazioni, emozioni, di morale che si intreccia ad esigenze, vita quotidiana e scelte reali. Sensazioni opposte di chi sa cosa vuole e chi è, una natura viandante che vorrei a volte poter disegnare e controllare, una forza vitale per questa responsabilità più grande di tutto di poter leggere l’anima di questa eterogenea città umana.

Addis riesce a cullarmi, ad abbracciarmi ancora una volta con le sue naturali contraddizioni che ti portano a fare lo slalom tra mini bus impazziti e corridori d’albe. Addis e i suoi hotel sparpagliati di denaro ed ostentazione che piaciono tanto agli stranieri, ai “farangi”, alle donne e uomini dall’occidente.

Una nuova avventura è iniziata, dai mini bus sono passata a sfrecciare con un “macchinino” rosso fuoco per le strade di Addis, volo e faccio lo slalom tra i mini bus, macchine impazzite, i molteplici pedoni che rivendicano i loro diritti, qualche mucca che instancabile si batte per avere spazi naturali in una capitale che lentamente di sta appropriando di tutte le aree verdi.

Amicizie passate che s’intrecciano inevitabili a nuove, dove vissuti simili ti legano e permettono di condividere paure, riflessioni e visioni sul presente e futuro. Coppie che decidono di partire insieme seguendosi con naturalezza e voglia di costruire insieme in un paese tutto nuovo. Prospettive che cambiano, che sono pronte ad essere modificate senza perdere il nucleo centrale. Annalise a la sua forza di ventottenne nel ricoprire una carica di manager di una compagnia per la costruzione delle nuove fognature di una parte di questa città capace di grande fascino e arrabbiature. Lei che con semplicità e caparbietà affronta ogni giorno burocrazie a volte incomprensibili, che dolcemente sfida ogni porta di questa cultura nuova, senza pretendere di capire tutto ma con la voglia d’imparare da questa popolazione in cammino. Annalise e il suo orto di sette metri per cinque dove con orgoglio coltiva pomodori, zucche, insalate belghe e prezzemolo, un ponte verso la sua casa, infanzia, per non dimenticare il contatto con la terra, semplice e fondamentale elemento della nostra esistenza.
Quest’ angolo di giardino riesce anche a ravvivare le cucine di un ristorante belga (La gran Reve) dove si possono assaporare ottimi piatti e brunch.

Addis Ababa che apre le sue porte culturali alla scena musicale, che ancora una volta mi riporta indietro nel tempo, cullandomi con una romantica atmosfera jazz anni sessanta. Alla Coffe House, un locale vicino all’ambasciata Egiziana dove ogni venerdì musicisti di Addis eleganti e preparati riescono a suonare musiche del passato riproponendole ad ascoltatori esigenti, pronti a ripercorrere tutte le note attraverso balli, ritmo e passi romantici, passionali, vitali. Guardo e assorbo ogni molecola di questa generazione d’Etiopi che battono a ritmo le mani, si muovono con sensualità e cadenza ripercorrendo le strade dei ricordi. Il tempo si è fermato, tutto sembra svolgersi in un’altra epoca ma è adesso. Occhi che s’immergono in sentimenti che sono adesso. Amici che si salutano, che si vorrebbe tenere stretti all’infinito. Legami che come magneti rimarranno instancabili dentro di noi.

Avventure antropologiche ai supermercati di Addis che senza macchina non avevo mai visto. Sono fantasmi e riproduzioni di un sistema di produzione occidentale che qui viene trasformato e modificato in modo buffo e originale. Scaffali pieni di prodotti Etiopi ed importati per noi immigrati Europei ed Etiopi ritornati (li chiamano “diaspora”) nostalgici di prelibatezze di casa, etiopi curiosi. Prodotti che solo pochi si possono permettere. Un altro dei tanti riflessi delle tante contraddizioni di un paese dove le grandi opere infrastrutturali, hotel, aree residenziali stile americano/europeo, mega supermercati diventano il simbolo del progresso.

Vivere in una città come Addis è un’opportunità unica, un trampolino con una miriade di sfaccettature, problemi, sogni e contraddizioni in un paese dove vivono dalle ultime stime quasi cento milioni di persone. Addis può anche diventare una bolla confortevole dove noi immigrati Europei ci culliamo tra ristoranti e SPA, piscine a cielo aperto e campi di golf.

Piove ma non piove abbastanza. La stagione delle piogge di quest’anno è altalenante, la situazione in alcune aree del paese sta diventando critica, zone in Oromia, Afar, Southern Nations and Somali Land sono a rischio siccità e carestie. Natura, risorse idriche, suolo, sono il sostentamento del nostro pianeta e solo chi v’è direttamente legato capisce l’importanza di preservarle.

C’è tanta vita e passione nelle storie di questi immigrati europei, c’è voglia di conoscere, aprirsi, legarsi, connettersi, scambiarsi idee, ricercare un impatto. C’è voglia di aprire porte, di non rimanere in superficie ma scoprire le trame di questo paese eterogeneo e magnifico con persone tanto orgogliose quanto dolci e accoglienti.

Non s’impara mai a salutare un amico, non ci sono linee guida razionali per lasciarsi andare e sentirsi “bene” come quando si ha la possibilità di condividere la quotidiana esistenza, quell’altalenante giostra di vita dove molecole di noi vengono assorbite, rimescolate, assumendo nuovi colori e musiche.

Allora questo vuole essere un augurio alle nuove e vecchie generazioni, all’ingegno umano che ci ha sempre portato a voler seguire sogni, a perseguire la curiosità verso ciò che non si conosce, alla voglia di intraprendere nuove sfide per se stessi e la propria comunità, alla consapevolezza che siamo tutti eternamente legati e responsabili della città umana in cui volenti o nolenti siamo immersi.

Buon viaggio Addis, stringi i denti, non voltarti indietro e vivi come solo tu sai vivere. Ode ancora una volta all’esistenza, alle sue particelle ed atomi impazziti, ad ogni colore, invenzione ed inventore. Grazie a chi resiste e sogna combatte con il fango e la pioggia torrenziale per coltivare, crearsi un lavoro, sperimentare le infinite combinazioni di questa cassaforte senza chiave chiamata vita.

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