Caro Paolo,
Mi ricordo di quando per la prima volta ti ascoltai parlare di Bellezza e di Rivoluzione, di Socialismo e di Umanità. Ti avevo già incontrato lungo corso Vannucci, avevo già sentito il coinvolgente abbraccio del tuo saluto. Ma fu soltanto al rettorato, durante le proteste del 2008, che sentii prepotentemente la tua voce scandire il ritmo del cambiamento. Quel cambiamento di cui sei stato tedoforo. Portatore di una fiaccola che nessuno mai prima di te era riuscito ad accendere. Una torcia che aveva come combustibile la lotta, come scintilla la filosofia, come detonatore il linguaggio. Perché della parola sei stato maestro, della filosofia sei stato interprete, della lotta sei stato esempio. Esempio difficile da comprendere, perché è difficile comprendere chi non si ha la forza di seguire. E allora te lo confesso Paolo, nemmeno io ti capii allora. E forse neanche oggi ci riesco veramente. Ma anche se non riesco a capirti posso almeno provare sintonizzarmi sulle tue frequenze per far sì che le mie orecchie si abituino alle tue sonorità.
Avrei voluto incontrarti di nuovo Paolo, molte e molte più volte.
E ti ho incontrato nelle parole di coloro che ti hanno conosciuto e voluto bene, negli aneddoti della piazza che ti rinnova il tributo in ogni lotta, nella commozione di chi non ti dimenticherà mai, nei video in cui racconti e ti racconti, nelle opere che hai scritto, nella musica che hai composto, nel documentario di cui sei protagonista.
E ti ho trovato Paolo.
Ti ho trovato nei quartieri di una città che è cambiata troppo in fretta, nelle lotte degli ultimi, nella marginalità sociale silenziosa, nelle mani tese verso gli altri, nella vita di strada che non si conforma e sbraccia controcorrente, nei silenzi delle vie in cui manca la tua voce, nel bisogno incessante del sentirci diversi da come siamo, nella tensione ideale che vuole detonare frantumando il guscio di false certezze che questa maledetta società ci impone.
E allora ho provato ad immaginarti Paolo.
Ti ho immaginato nella tua infanzia, nella tua adolescenza, nel tuo essere giovane durante gli anni della battaglia sociale, delle scalate alla Luna. Ti ho visto nei cortei degli operai, avanguardia di un movimento di intrepidi incursori. Mi sono voltato e ti ho scovato nei tentativi di socializzazione dello spazio pubblico, nella cooperazione più avanzata, nell’invenzione dell’Orizzonte. Ho fantasticato con la tua immagine danzante nel sogno del sessantotto.
Volevo guardarti Paolo, e ti ho visto.
Ti ho osservato nel tuo lavoro di corrispondente, nelle tue esplorazione nelle terre del Socialismo, nei viaggi in Nicaragua e nella DDR. E poi nel periodo del “reflusso”, della ritirata strategica che diventa rotta. Ti ho visto uscire segnato ma ancora battagliero da una sconfitta secolare. Ti ho percepito tirare il freno della storia, zizzagare tra le pieghe della Rivoluzione, scavare sentieri e spalare macerie. E allora, quando la zavorra della storia affondava i vascelli della rivolta, quando i materialisti della menzogna ammainavano l’ideale, quando il nemico gridava, vittoria, proprio allora, ti ho visto rialzare la testa, allungare le mani e abbracciare tutti coloro che si stavano perdendo per ricondurli alla nostra casa comune.
Volevo sentirti Paolo, e ci sono riuscito.
Ti ho udito scrivere su carta bianca di una volta, con una magica macchina senza inchiostro. Eri tornato a casa, nella Perugia che hai amato e che ti amato con un messaggio ancora più avanzato, trasmesso da una parola dal profumo di passato e dal gusto di futuro. Parola che hai incessantemente plasmato inventando uno stile incomparabilmente unico. Un linguaggio che distrugge le finzioni sociali, che scardina gli autoritarismi, che lastrica la strada, che dona chiarezza, che costruisce la voce di un eco che non si può spegnere.
Volevo rivederti ancora Paolo, ma non c’era bisogno, perché eri già nel nostro futuro.
Sei lì in cima a quel sentiero tortuoso che porta dritti dritti alla Rivoluzione. E quando faremo la Rivoluzione parlerà la tua lingua Paolo. E quando faremo la Rivoluzione camminerà come te Paolo. E quando faremo la Rivoluzione vivrà come te Paolo, avrà i tuoi occhi e il tuo sorriso, la tua umanità.
Ho detto quando, non se. Perché ce l’hai insegnato tu, si vincerà Paolo. Si vincerà. Lo ripetevi incessantemente, non per infonderci coraggio e credo nemmeno per una convinzione messianica tanto cara a certi interpreti di quella cultura di cui non sei mai stato apostata ma eretico rinnovatore.
Si vincerà perché la vittoria è dentro di noi. Perché siamo nati per questo.
Si vincerà perché venendo da luoghi differenti andremo tutti dalla stessa parte.
Si vincerà e sarà una vittoria leggendaria, in cui ogni io diventerà un noi, ogni compagno sarà importante, ogni felicità si moltiplicherà.
Si vincerà perché ritroveremo la strada che abbiamo perso, torneremo a coniugarci con quel cosmo che ci ospita, saremo capaci di dare alloggio all’infinita declinazione delle visioni rivoluzionarie, avremo la forza di generare sempre nuove ipotesi e di rincorrere l’organizzazione di un grande e variegato fronte popolare.
Si vincerà e aboliremo il denaro, disintegreremo la povertà, distruggeremo il potere.
Si vincerà e il mondo sarà espressione libera, opera comune, emancipazione del tempo.
Ci dirigeremo con passo sicuro e traballante verso il mondo che verrà e tu sarai lì per mostrarci come si fa a tenere dentro la Rivoluzione senza cadere, come si riesce a vivere senza omaggi e riverenze, come si cambia rimanendo sempre gli stessi. E allora prendici per mano Paolo e guidaci lungo quel viaggio che conduce all’utopia programmata di cui sei stato sensibile profeta ed esempio vivente. Perché, citandoti ancora una volta, sei riuscito a vivere come hai lottato e a lottare come hai vissuto. E questo è tutto quello che conta veramente.
Grazie Paolo, compagno ultraleggendario.
Matteo
Ringrazio Stefano Vinti e tutti coloro che hanno contribuito attraverso i loro racconti, opinioni, aneddoti, fotografie alla realizzazione di questo brano.
Complimenti !
Grazie mille Nicoletta!