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di Antonio Brizioli

 

La psicogeografia è un metodo di ricerca che indaga le influenze dell’ambiente sull’emotività dell’uomo che lo vive. È stata scoperta nella Parigi degli anni Cinquanta ed è divenuta un concetto portante dell’Internazionale Situazionista, l’ultima avanguardia artistico-politica del Novecento.

Malgrado il tempo trascorso, questo concetto si rivela estremamente attuale nel consentire una rilettura della città e soprattutto nel saper stimolare un rapporto differente tra il cittadino e il suo contesto urbano. Inoltre, la psicogeografia ha il pregio di non essere una scienza esatta, riservata ad esperti utilizzatori, ma un metodo alla portata di tutti.

Si tratta di una suggestione che può essere declinata nei modi più insospettati a seconda di chi la usa e dove lo fa. Il metodo dell’esplorazione psicogeografica è quello della “deriva”, definita in questi termini da Guy Debord, intellettuale di punta dell’Internazionale Situazionista: “Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari”.

Il centro storico di Perugia si presta molto ad essere percorso “alla deriva”, in quanto concentra uno sterminato campione di dettagli, stranezze, frammenti, bellezze dimenticate o sottovalutate, in uno spazio molto piccolo. Una densità tale da consentire derive piene di significato e curiosità a chi abbia il coraggio di lasciarsi portare dalle sensazioni.

Lo scorso giovedì sera ad esempio sono andato in piazza Morlacchi alle nove, dove avevo appuntamento con un amico. Poiché si è presentato con un consistente ritardo, ho approfittato per una piccola deriva. Ho imboccato via Baldeschi, scoprendo dalla targa che precedentemente si chiamava via del Loto e Righetti; l’ho percorsa interamente prestando attenzione ai particolari sui tavolini dei ristoranti all’aperto, ho scoperto l’esistenza di un ristorante libanese che non conoscevo e che mi sono promesso di sperimentare, poi sono tornato indietro. Poiché il mio amico non era ancora arrivato, ho imboccato via del Verzaro, scoprendo che nel punto in cui il tracciato della via piega a novanta gradi s’incastona una chiesetta (San Martino del Verzaro) e di seguito, uscendo da via Cotogno, non ho potuto non soffermarmi sulla stele bronzea con grifo sagomato che fronteggia gli uffici comunali.

Guardando con attenzione questo discutibile monumento ho notato che una macchina, forse volontariamente o forse per sbaglio, l’ha danneggiato in basso a sinistra.

Allora sono tornato in piazza Morlacchi, dove il mio amico era finalmente arrivato, abbiamo preso un panino e un bicchiere di Grechetto, mentre alle 21.55 ci passava di fianco una manifestazione molto partecipata di solidarietà al popolo palestinese. Così siamo scesi lungo via Cesare Battisti, guardando in basso alla gente che cenava sui cortiletti privati sotto il muraglione; abbiamo imboccato corso Garibaldi con la stessa voglia di sorprenderci e siamo stati accolti in un giardinetto segreto, dove il tempo fa meno paura grazie al vino, alla musica e alle conoscenze impreviste.

La deriva è continuata fino al mattino e questa non è la sede per raccontarne ogni singolo particolare. Il resoconto valga semplicemente da esempio di come il rapporto con la propria città si recupera incuriosendosi, lasciandosi sorprendere e trovando la forza di rinunciare, anche solo per un’ora, ai percorsi prestabiliti di cui tutti, inevitabilmente, restiamo prigionieri. La psicogeografia dice che a Perugia c’è ancora tanto da scoprire, sulla città e soprattutto su se stessi. Mandateci gli appunti delle vostre derive psicogeografiche e provvederemo a creare un “Archivio Psicogeografico dell’Umbria”.

 

antonio.brizioli@libero.it

 

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