di Francesco Merlino e Luca Mikolajczak
Anche quest’anno la festa è finita: niente più ritmi coinvolgenti, trombe e sax, niente più Lady Gaga versione insaccato con quel che rimane di Tony Bennett, niente più parlate anglosassoni al bar né file chilometriche per un panino col ciauscolo. E quando anche le festose parate dei sempre presenti Funk Off lasciano il posto al rotolare delle balle di fieno, uniche superstiti in una acropoli rovente, una sacra curiosità ed una più profana ricerca di refrigerio ci spingono a sostituire quei turisti ormai andati ed a scoprirci viaggiatori nella nostra stessa città.
Zaino in spalla, bermuda e reflex al collo, tentiamo di colmare la solitudine che affligge ora più che mai le vie del centro.
Ma Perugia, si sa, è una signora orgogliosa che tende a chiudersi in se stessa e si diletta a far attendere i propri spasimanti.
Per farle capire che abbiamo intenzione di amarla a tutti i costi, come in tutte le storie d’amore che si rispettino, c’è bisogno di una prova concreta e così decidiamo di sfidare il caldo e la fatica ed iniziare il nostro viaggio con una ripida salita, Via dei Priori, che collega San Francesco al Prato a Corso Vannucci.
Partito con le migliori delle intenzioni, il nostro cammino si interrompe però dopo pochi metri, quando veniamo attratti da un maestoso portone serrato, affiancato da una piccola targa riportante il nome “Marini Clarelli Santi”. Proprio perché chiusa, quella porta stuzzica maggiormente in noi l’ardore della conoscenza, quasi volesse celare gelosamente inestimabili tesori.
Suoniamo il campanello.
Nessuno risponde.
Ma proprio quando scoraggiati stiamo per desistere, Perugia si intenerisce e la porta si apre. E si sa che quando un amore è sudato è quasi sempre indimenticabile.
Ci accoglie il salone di Palazzo degli Oddi, costruito nel 1540 come vessillo immobile di una rara ed eclatante vittoria sugli eterni rivali Baglioni, banditi dalla città da Papa Paolo III. Un ciclo di affreschi (realizzati tra il 1615 e il 1619 da Sillo Piccinini e Pietro Rancanelli, gli stessi autori degli affreschi della chiesa di San Pietro in Borgo XX Giugno) ripercorre la gloriosa storia della famiglia, la cui origine, in bilico tra realtà e leggenda, viene fatta risalire a Federico Barbarossa. Famiglia che si ritaglia ben presto uno spazio prestigioso in città, annoverando illustri esponenti come Bartolomeo d’Angeluccio, detto “il Miccia” per il suo furore bellico, che fu capitano di ventura surclassando addirittura Braccio di Fortebraccio (non proprio l’ultimo arrivato) e conducendo Perugia alla vittoria contro Cortona.
Percorrendo stanze e corridoi ci muoviamo non solo nello spazio ma anche nel tempo, passando da una cassapanca del seicento ai quadri settecenteschi dei Rovinisti, dalle opere degli allievi di Tiziano e Caravaggio ai mobili del primo novecento.
Ma ciò che attira di più i nostri sguardi curiosi da viandanti è il piccolo studiolo che Maria Vittoria Oddi si fece costruire dai genitori, rivendicando a sedici anni la volontà di una stanza tutta per sé.
Donna emancipata, godette di privilegi solitamente destinati a soli uomini, in primis un precettore privato, che le permise di consolidare una grande cultura. La sorte volle che proprio con lei finisse il ramo degli Oddi, poiché, figlia unica, sposò Luigi Marini Clarelli.
La passione per la cultura ed il forte desiderio di emancipazione e d’indipendenza vengono ereditati dalla nipote Barbara, la quale decide prima di sposare Francesco Santi (intellettuale perugino, direttore della Galleria Nazionale), uomo ben più grande, non nobile ed ateo, andando contro il volere della famiglia, e poi di creare la fondazione grazie alla quale Palazzo degli Oddi entra a far parte, nel 2008, del patrimonio culturale perugino.
Un gesto d’amore per la città che la città dovrebbe più spesso ricambiare.
Il motto della famiglia degli Oddi recita “Miti mitis”, ossia “(siamo) miti con i miti”. Noi ci abbiamo provato, coniugando l’ardore della conoscenza con la più devota ammirazione.
Camuffati da turisti, abbiamo rinunciato al ventilato bagnasciuga di Fano per le afose salite di Perugia, eppure, proprio come in un vero amore da spiaggia, effimero ma intenso, ci siamo infatuati di Palazzo degli Oddi.
Racconto breve,intenso e coinvolgente. Perugia e’ veramente “l’amata” e suscita in chi legge il desiderio di conoscerla in quella sua descritta incantata intimita’.