di Antonio Brizioli
Due incontri importanti. Uno in pieno centro, l’altro in un’insospettabile periferia. Legati a diversi momenti della storia, ma entrambi proiettati nel presente, perché in fondo di questo si parla: di rimettere in gioco nel presente queste schegge di storicità impazzita.
Via dei Priori, a metà della discesa. La mia guida Vanni mi porta su per le scale, la porta si apre e l’invito è chiaro: “Senti l’odore della storia”. L’odore della storia è un misto di legno, tessuto, sangue, inchiostro e lavoro. Siamo nella sede della Società di Mutuo Soccorso o Società Operaia, perché sembra che tutte le cose belle a Perugia abbiano due nomi (come il Cassero e la Torre).
La prima sala è uno sportello di banca: in fondo questo era la Società di Mutuo Soccorso, una banca nel senso più letterale e limpido del termine. Gli iscritti (operai, artigiani ed artisti) si autotassavano per garantirsi una sovvenzione nei momenti di difficoltà o malattia. Sui cassettini ci divertiamo a ricercare qualche antenato e verificarne l’aiuto dei consociati in caso di dieci giorni di bronchite, ad esempio.
Le pareti ospitano testimonianze d’alto pregio e intensità. Su un lato della stanza è murata una vecchia cassaforte Becher & Hildesheim contenente una lettera autografa di Garibaldi, sugli altri tre trovano posto in bacheca altrettante camicie rosse, appartenenti rispettivamente a:
Guglielmo Miliocchi, figlio di una sarta e di un calzolaio di Porta Sant’Angelo, politico, scrittore e combattente volontario della Legione Garibaldi, partita nel 1914 al fianco dei francesi mentre l’Italia era ancora paralizzata in un indeciso neutralismo;
Giuseppe Evangelisti, quello del Palazzetto, ciclista internazionale, pittore rispettabile e garibaldino dei più agguerriti, combattente in Grecia e nelle Argonne, dove viene decorato delle Legion d’onore francese;
Coriolano Mazzerioli, pittore di numerosi palazzi e chiese dell’Umbria (gli appartengono le decorazioni tuttora visibili della sala d’aspetto della Stazione Fontivegge) e volontario contro le truppe franco-pontificie a Mentana, appena 18enne.
Al fianco di queste storie di persone, le storie collettive, quelle più interessanti.
La Biblioteca Circolante. Nutrita collezione di testi itineranti, che circolavano appunto, di mano in mano. Lavoro e cultura era il binomio più caro agli ambienti risorgimentali e questi libri rattoppati a mano, con copertine improvvisate, suscitano bei pensieri.
I labari. La sorpresa finale, che Vanni ha lasciato di proposito in fondo per mandarmi a casa con quell’aria un po’ sognante. “Molto prima del vostro filo rosso, a Perugia c’era un filo nero…”, quello che negli anni successivi al 1859 ricordava ad ogni anniversario i fatti tragici del XX Giugno tramite stendardi di stoffa nera esposti fuori da case e attività. Nell’italiano d’allora si legge del segretario comunale Giuseppe Porta, trafitto al petto mentre andava incontro ai soldati sventolando bandiera bianca in segno di resa; del bar di Corrado Testoni, depredato da soldati invasati al punto di azzuffarsi fra loro per il bottino…
Non mi dilungo oltre. Per apprezzare realmente queste testimonianze, bisogna sentirne l’odore. Torno a casa con una domanda che mi rimbalza addosso: come fare sì che queste storie non siano ridotte a reperti, che non si limitino a darci un’impressione distante, a volte anche falsificata (perché la storia trasporta per sua natura un po’ di falsificazione…), di un passato ormai incapace di influenzare l’azione presente?
La risposta arriva un paio di giorni dopo…
Attraverso il ponte, svolto a destra al benzinaio e posteggio la macchina di fronte a una sbarra. Se in un palazzo di via dei Priori puoi aspettarti che la storia rivendichi un ruolo da protagonista, in una casetta bordo Tevere di Ponte Felcino il fatto è meno scontato.
Tempo di un buon caffè e qualche chiacchiera preliminare, che cominciano i ritrovamenti e le emozioni. Luca esordisce: “Sono contento che facciate questo esperimento di carta, io sono molto appassionato di queste cose…”. “Guarda, questo è il giornale che facevamo noi…” e mi viene passata una scatoletta senza intestazione né peso, la apro e tiro fuori dei fogli nella carta tipica dei libretti d’avvertenza dei medicinali. “Volume”, rivista omeopatica e multidisciplinare toscana uscita in cinque numeri nel 1995.
“Ora guarda questo”. A Siena, Antonio Prete (esperto di Leopardi che ricordavo dai miei studi umanistici) e Attilio Lolini, poeta di fama internazionale, idearono nel 2001 un foglio pregiato che usciva in 101 numeri di tiratura; fin troppi mi dice sorridendo Luca, perché in Europa gli interessati a una cosa del genere erano massimo 30 o 40. Fatto sta che in prima pagina del primo numero del gioiello “Barbablù”, c’era un inedito leopardiano “Contro la lettura pubblica delle poesie”.
E poi via via si passa per “Sacco”, pubblicato dalla Casa degli Artisti di Milano in una busta avana contenente fogli sparsi, “Tiracorrendo” con la sua copertina arancione che ricorda quella de “L’Internazionale Situazionista”, “Spazio per tempo” di Marco Bagnoli, che oltre a produrre gelati con la sua storica azienda Sammontana si dedica all’arte e negli anni Ottanta ha pubblicato questa rivista all’apparenza un po’ esoterica, piena di simboli orientali e riferimenti scientifici…
In un luogo di cultura insospettabile come lo sono molti dell’Umbria e dell’Italia tutta, Luca custodisce piccoli esperimenti editoriali in un forziere d’armadio, tutti rigorosamente timbrati col suo ex libris. Esco felice non solo perché “Emergenze” è entrato in questa preziosa collezione, ma perché trova conforto la sola idea che può dare linfa alla nostra azione: quella che questi manufatti, oggi compresi solo parzialmente, restino a disposizione nelle biblioteche, negli scaffali, nelle cantine, nelle scatole, per tornare ad ispirare tanti che come noi oggi, andranno alla ricerca di nuovi Risorgimenti…
* Ringrazio di cuore Vanni Capoccia, Luca Costantini e tutti coloro che custodiscono il passato, senza perdere di vista il presente.
Qualche foto amatoriale per visualizzare ciò di cui si parla: