di Alice Kiddo
La Cina continua a esportare deflazione nel pianeta. In Italia la domanda interna è in flessione, fatta eccezione per la polpa di granchio surgelata. In Europa i profughi hanno raggiunto un milione, esattamente centodiecimilasettecentosessantuno unità sopra la quota degli abitanti umbri (numero che voglio appuntare qui per chi non sa far di conto). Mancano tre ore al pranzo di Natale, mia nonna insiste nel mettere la salsa rosa sopra i crostini. Sento un peso sullo sterno, mia zia sta per arrivare e sicuramente chiederà “Piergiorgio, dov’è la tua fidanzata?”. Non tanto per curiosità nei miei confronti, piuttosto perché ha notato che la domanda mi innervosisce. Crostini mollicci con salsa rosa, succedaneo di caviale, manzo di Francia, rotolini di prosciutto ripieni di formaggio fatto con latte liofilizzato. La lista non aiuta la mia nausea. L’unica soluzione sarà affogare l’ananas nella grappa.
Zia mi ha comprato una penna stilografica “Per firmare i tuoi progetti”, dice lei. Eppure lo sa che fino ai sessant’anni nessuno diventa dirigente nel mio studio. Mia cugina ha appena avuto una promozione e sembra felice nei suoi trentadue anni, mi ha regalato un biglietto per un concerto, ci andremo insieme. Mio nonno apre il suo amato Montefalco Sagrantino. Nelle famiglie normali il vino di fitta trama tannica e grande longevità è bevuto per ultimo, noi lo trinchiamo già dall’antipasto. Per ora tutto procede liscio. Beviamo e mangiamo. Per prevenire qualsiasi imminente catastrofe mi alzo ad accendere la televisione, la tivvù mi salverà dalla retorica del quando ti sposi. Al tiggì regionale c’è l’esposizione che ha organizzato un amico militante: centododici presepi esposti con dovizia. Il presepe di coccio, il presepe di cartone, il presepe fatto dalle elementari di Torgiano, il presepe con i Marò. Tutti dispiegati a difendere il valore della sacra famiglia. Mia cugina si alza in piedi, le mani le tremano di rabbia, balbetta e poi sbotta: “Queste iniziative sfilacciano le infrastrutture di relazione. Il nostro paese non ha bisogno di questo. Servirebbero dei presepi fatti con Maria e Maria. Oppure con Giuseppe e Giuseppe. Presepi che facciano capire quanto la situazione omogenitoriale sia una normalità, anche se non riconosciuta dalla legge italiana. La santa romana chiesa un tempo sapeva essere ponte, sapeva tessere problemi e ferite con sogni e speranze. Oggi non più”.
Mio nonno applaude. Io corro a prendere la grappa per evitare di dire che la mostra non è della parrocchia, ma di un mio amico militante. Mia madre in lacrime. Mia nonna non ha capito niente a causa della sordità incalzante. Mio padre zitto. Mia zia, iscritta alla Democrazia Cristiana dal 1976 (anche se dice di non averla mai votata) è felice di avere una figlia lesbica. La felicità, si sa, è rivoluzionaria. Regola valida anche per i democristiani.