CONDIVIDI

 

I più famosi mercenari d’Europa, provenienti dalla neutralissima Svizzera, riscattatisi dalle proprie origini grazie al loro principale datore di lavoro e divenuti così un tutt’uno con i Papi e il Vaticano

La storia è affascinante, per chi vi scrive, soprattutto perché spesso traccia con netta coerenza, per l’occhio lungo, una linea che unisce le contraddizioni di cui i secoli sono disseminate. Di una di queste contraddizione vorremmo parlarvi. La nazione neutrale per eccellenza è stata in realtà per secoli la fucina di mercenari per le guerre di tutta Europa.

guardie sizzere2Lungo la storia moderna infatti il prodotto tipico della Svizzera non erano né la cioccolata, né i coltellini multi uso, né tanto meno i lussuosi e precisi orologi, ma bensì i soldati, soprattutto fanti. Nell’epoca delle streghe la Svizzera non era la florida nazione famosa per le banche e i paradisi fiscali, era piuttosto una nazione povera, prevalentemente contadina, schiacciata tra grandi potenze in lotta tra loro. Avevano però di certo già il fiuto per gli affari, a tal punto che, dopo il successo dei suoi uomini nella Guerra dei Cent’anni, decisero di trasformare i loro soldati in un vero e proprio bene da esportazione. Strinsero infatti accordi commerciali con gli altri Paesi europei che desideravano “acquistare il bene” chiedendo in cambio derrate alimentari quali grano, sale, olio o anche agevolazioni commerciali. Ovviamente a carico dell’acquirente anche lo stipendio del mercenario.

Sempre perché la storia premia chi di necessità fa virtù, i cavalieri svizzeri divennero richiestissimi perché avevano sviluppato un nuovo metodo di battaglia: senza cavalleria e poco armati si ispirarono alla famosa falange macedone e sfruttarono le loro altezze fuori dallo standard europeo. Realizzavano così un muro umano d’acciaio e lance che si ergeva davanti al nemico avanzano lento e compatto.

Una neutralità formale che stride con una realtà di soldati svizzeri disseminati nei campi di battaglia di tutta Europa. Ma forse proprio la neutrale indifferenza della loro terra natia ha fatto, nel corso dei decenni, crescere la loro affidabilità permettendo ai piccolo contingenti elvetici di diventare le guardie personali delle più importanti famiglie regnati europee.

ACER
Raffaello “Stanza di Eliodoro”

Si sa che in Europa nessuno più del sovrano di Roma abbia avuto un debole per le mode, che esse fossero riguardanti le stoffe, le statue, gli arazzi, i giardini, i quadri o il cibo. I papi non furono da meno nemmeno in fatto di guardie personali. Il grande acquisto di guardie personali originarie della Svizzera lo fece Papa Giulio II e non è un caso che proprio il papa mecenate per eccellenza, maniaco delle mode a tal punto da volerle prevedere e indirizzare, a volere per se una gendarmeria di 150 cavalieri elvetici. E la ottenne. Le gendarmerie Svizzere varcarono le mura di Roma nel gennaio 1506 per prendere così ufficialmente servizio.

Un acquisto che si rivelò lungimirante pochi anni dopo, in occasione del famoso sacco di Roma ad opera dei loro vicini di casa i Borbone. Adempiendo ai loro obblighi salvando la vita del nuovo pontefice e monarca Clemente VII permettendogli di raggiungere incolume Castel Sant’Angelo.

Le Guardie Svizzere a difesa del Pontefice entrano anche nella storia dell’unità d’Italia, nella sua puntata più importante. Nel 1870 con la Breccia di Porta Pia i mercenari elvetici giocano l’ultima grande partita in difesa del potere temporale dei papi, provando a resistere agli attacchi degli unitaristi fino a dover ripiegare negli alloggi personali del papa per difenderlo dagli “invasori”. È così che la Guardia Svizzera impersona l’allegoria del potere temporale della Chiesa, ormai relegato solo tra le mura del Vaticano e ai palazzi papali.

Proprio per questo è interessante come anche il futuro dei mercenari elvetici verrà deciso nel 1929 al momento della firma dei Patti Lateranensi. Mussolini concorda con Papa Pio XI che la Guardia Svizzera non rappresenta più un pericolo in quanto identificabile con un semplice corpo di polizia a tutela della persona del pontefice e che ancor di più non rappresenta un esercito invasore sul suolo italiano poiché ne fanno parte dopo l’allargamento dei criteri d’arruolamento anche soldati non solo svizzeri.

Fu così che la piccola città stato del Vaticano e il suo esercito mercenario si riorganizzano. Cambiano i confini e i punti d’accesso allo Stato papale e alle fedeli guardie viene affidato il compito di sorvegliarli. Vengono riorganizzati gli alloggi ad uso dei militari e gli viene lasciata, in onore delle loro origini militari la chiesa dedicata ai santi patroni della Svizzera San Martino e San Sebastiano.

Miriam Tuzi

 

Leggi gli altri articoli di questo progetto su Emergenze e seguici su Cannibali e Re.

Lascia un commento

La tua mail non verrà pubblicata, * campi obbligatori