di Valentina Montisci
Della serie: gli imbecilli della porta accanto, ovvero Gorino è qui vicino, anzi è tra di noi. Episodio uno. Ufficio postale, Milano centro.
Arrivo trafelata pensando di dovermi preparare a una fila lunghissima, invece no, l’ufficio è quasi vuoto e prima di me c’è soltanto una ragazza che al telefono organizza il suo dopocena. Avrei voluto approfittare dei pochi minuti d’attesa per scrivere un sms a una mia amica, ma la mia attenzione viene attirata da un giovane che davanti allo sportello continua a estrarre fogli dalle sue cartelline e a passarli all’impiegato. Capelli con un’ampia sfumatura dal basso verso l’alto, rasati in modo da mostrare una sola copertura a mo’ di polentina pelosa in testa, giubbino corto in pelle stretto, jeans rigorosamente strappati e griffati, così come le sue scarpe, talmente tempestate da scritte colorate da poter essere usate nelle scuole per insegnare i bambini a leggere.
Parla, nel vuoto dell’ufficio, ad alta voce. “Scusa sai ma non si vedono bene i numeri, dovresti farmi meglio la fotocopia, il marocchino che l’ha fatta non ha fatto bene il suo lavoro”.
Il marocchino? Io che di mio ho una forte propensione ad ascoltare i discorsi altrui non posso fare a meno di mettermi ad ascoltare ancora per capire se ho colto bene il senso…
Il tipo con la polentina in testa non ci mette molto a farmi capire che sì, ho capito bene: è un imbecille. Come altro definirlo? Vorrebbe avere dall’impiegato delle poste anche altre due fotocopie, fatte bene, quella del passaporto e della carta di identità, perché: “…sai devono stare come stanno, così una accanto all’altra, l’egiziano incapace ha fatto un casino”.
Il marocchino è diventato egiziano. Oppure Polentina ha due schiavetti africani, ma del Nord. Che tristezza… Lo vedo convinto, mentre ripiega le sue fotocopie fatte dal ragazzo napoletano delle poste. Che sia napoletano lo colgo dal suo accento sonoro che mette simpatia. E mentre il display mi chiama al mio sportello penso: speriamo le abbia fatte bene queste fotocopie, altrimenti immagino il Polentina (evidentemente polentone per non risparmiarci alcun luogo comune) aggiungere alla sua lista razzista degli incapaci del toner: dopo il marocchino e l’egiziano, il napoletano delle poste. “Sai cara, ho avuto una mattinata terribile, vengono a rubarci il lavoro e neanche sanno fare una fotocopia, selvaggi…” Aperitivo in mano, ciondolando davanti al localino chicchettoso che anche il New York Times… (“lo sapevi cara?) nell’attesa dello spacciatore… Tunisino? Marocchino? Venusiano?
Ciao. Capita ovunque di incontrare persone che non colgono l’altro da sè come umano di pari valore e quindi, appellandolo con l’etnia, nel loro distorto universo mentale , in qualche modo pensano/credono di degradarlo ad un livello di status umano inferiore. Quello che possiamo fare è certamente sottolineare l’atteggiamento mentale sbagliato, confrontandoci, parlandone, ma cercando di non diventare offensivi a nostra volta, pur che la sana rabbia c’è. Altrimenti si predica bene ma razzola maluccio, e si alimenta astio in luogo del dialogo, anche con lo stesso ragazzo delle poste (perchè no)nel caso fortuito passasse di qui a leggerti. Dialogo che potrebbe forse aprire una porticina verso la comprensione di cosa sia il rispetto dell’altro da sè. ciao