GEOGRAFIE MENTALI DI PIAZZA GRIMANA
di Paolo Marchettoni
L’Arco Etrusco e Palazzo Gallenga s’innalzano su piazza Grimana, fieri custodi di arte e civiltà. Da una parte il monumento testimonianza delle origini etrusche della città, dall’altra la sede dell’Università per Stranieri, crocevia di culture diverse che nel corso dell’ultimo secolo ha reso Perugia famosa nel mondo. Due simboli che hanno molto in comune: il primo manifesta il legame intenso con la storia, in cui passato e presente si fondono in un ciclo continuo; il secondo segna l’apertura al mondo esterno, con la conseguente prerogativa di assicurare l’incontro.
Per quanto questi due aspetti possano sembrare facce distinte della stessa medaglia, a Perugia essi convivono e lo fanno da lungo tempo. È innegabile, infatti, che gli Etruschi abbiano agito da veri e propri mediatori culturali tra le colonie della Magna Grecia, presenti nell’Italia del sud a partire dall’VIII secolo a.C., e i Romani. Segni profondi che, insieme ai fiorenti scambi commerciali tra i popoli, hanno contribuito notevolmente alla propagazione in Occidente di alcuni tratti tipici delle culture del Mediterraneo orientale. L’influenza etrusca sul mondo romano è attestata in diverse aree: in campo linguistico (l’alfabeto latino deriva dall’alfabeto greco, filtrato dagli Etruschi), nella religione (nei riti romani si ritrovano molte tradizioni etrusche), nelle tecniche agricole, persino nel sistema onomastico con l’introduzione dei tria nomina.
Allargando ulteriormente il campo d’indagine sull’origine degli Etruschi, tradizionalmente misteriosa, sono tre le ipotesi più accreditate e ad oggi discusse dagli studiosi: secondo alcuni proverrebbero dal nord Europa; altri accettano la tesi di Dionigi di Alicarnasso secondo cui sarebbero una popolazione autoctona dell’Italia centrale; infine secondo la più antica teoria di Erodoto, contenuta nelle “Storie”, la loro origine sarebbe da ricercare in Asia Minore, più precisamente in Lidia (nell’Anatolia occidentale, nei pressi delle attuali province turche di Manisa e Smirne).
Secondo la testimonianza di Erodoto, in cui il confine tra storia e mito è molto sottile, poco dopo la fine della guerra di Troia, nel XII secolo a.C., a causa di una terribile carestia, metà degli abitanti della Lidia, che erano abili navigatori, si sarebbero imbarcati alla ricerca di nuove terre finendo per approdare sulla costa tirrenica.
“Quelli di loro che ebbero in sorte di partire dal paese scesero a Smirne e costruirono navi e, posti su di esse tutti gli oggetti che erano loro utili, si misero in mare alla ricerca di mezzi di sostentamento e di terra, finché, oltrepassati molti popoli, giunsero al paese degli Umbri, ove costruirono città e abitano tutt’ora. Ma in luogo di Lidi mutarono il nome prendendolo dal figlio del re che li guidava, e si chiamarono Tirreni” (Storie, I, 94).
La teoria di questa “mitica” origine orientale, riscosse enorme successo in epoca antica, tanto da essere largamente accettata sia dagli Etruschi stessi che dai Romani (Virgilio nell’Eneide chiamerà gli Etruschi “gente di Lidia”). E non nego che anche in me abbia suscitato, con non poco fascino, nuove considerazioni su quanto la nostra città debba, in termini di stratificazione culturale, all’influenza degli stranieri. Forse mi attrae l’idea di prendere in considerazione questa ipotesi più delle altre, poiché ciò potrebbe stimolare un’ulteriore riflessione sul valore della presenza straniera nel nostro territorio. Come a dire, Perugia è stata (sin dalle sue origini) e continua ad essere caratterizzata dagli stranieri. Questo nonostante la conformazione del territorio e la sua naturale predisposizione all’isolamento geografico, più che all’apertura al mondo esterno.
Tuttavia proprio il flusso continuo di stranieri ha creato questa apertura, una finestra di dialogo col mondo, che ha notevolmente incrementato la ricchezza del patrimonio culturale e le potenzialità ad esso collegate. Se, infatti, da un lato risulta facile osservare una stratificazione architettonica di natura storico-artistica nel tessuto urbano di Perugia, è altrettanto evidente che esista anche una stratificazione culturale e che entrambi i fenomeni siano frutto di sovrapposizioni, intrecci e processi di integrazione su più livelli tra le diverse componenti che hanno animato la vita cittadina nel corso dei secoli, dagli Etruschi ad oggi.
Di certo emerge una vocazione storica relazionale ed evolutiva, già di per sé dinamica e portatrice di cambiamento, che riguarda l’intera comunità ed è proiettata verso la costruzione e il consolidamento di nuove realtà comunicative. Non a caso Perugia è il territorio privilegiato in cui affonda le sue radici l’Università per Stranieri, l’istituzione culturale più antica e prestigiosa del nostro paese dedita all’insegnamento e alla promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, dove quotidianamente si gettano le basi per il confronto e la convivenza multietnica: presupposti fondanti della nostra città, ai quali risulterebbe impossibile rinunciare se non a prezzo di un grave tradimento delle proprie radici.