CONDIVIDI

 
La llave para la libertad no está en las armas. Está en la educación, la cultura, la investigación…
Aprender fue primero que enseñar. Enseñar correctamente es crear condiciones para producir conocimiento nuevo. El que enseña aprende, y también, quien aprende enseña. Enseñar no existe sin aprender. Nuestro conocimiento es incompleto, inacabado y debemos aprender permanentemente. Al reconocer esto nos volvemos educables. Lo que nos hace educables no es la educación, sino reconocer lo inconcluso de nuestro conocimiento…
La vida es un camino a largo plazo, en la que tu eres maestro y alumno; unas veces te toca enseñar; todos los días te toca aprender…
La libertad se educa con libertad, la solidaridad con la solidaridad y la igualdad con la igualdad.

di Antonio Cipriani
Questo testo bellissimo sul senso della cultura e dell’insegnamento, l’ho trovato su Crónicas de la Tierra sin Mal. Un sito bello, interessante, che ho scoperto leggendo Emergenze e in particolare i pezzi di Matteo Minelli sulla civiltà e sul concetto di tribù.

Premessa doverosa, prima di affrontare la semplicità magnifica di queste parole. Insegnare correttamente vuol dire creare le condizioni perché possa essere prodotta conoscenza nuova. Su questa frase crollano tutte le strutture artificiose di quella cultura costruita abilmente da un marketing di potere che cala dall’alto, che va a rappresentare un abbellimento strategico in un contesto sociale privo di conoscenze reali, sempre meno democratico e più obbediente, perché incapace di elaborare concetti che possano costruire ponti abbattendo muri.
Non che sia una novità, almeno per me e per il Collettivo con il quale agisco. Ma sicuramente in questi decenni ogni passo sul terreno del “coltivare cultura”, del creare le condizioni per lasciar sviluppare un senso identitario rispetto a memoria, tradizione, territorio e bellezza e non attraverso il corto circuito mediatico, è stato difficile.
Difficile, perché l’immaginario televisivo crea autostrade e noi avremmo bisogno di sentieri che si inerpicano, che facciano faticare il passo e consentano la scoperta di nuovi mondi. Tanto difficile perché per le istituzioni (che gestiscono i denari della collettività) è sempre più facile il pacchetto-culturale preconfezionato e costosissimo, spettacolare e a zero ricaduta sul territorio. Più facile il mega evento che garantisca la fotografia dell’assessore accanto al divo, che la diffusione di questo concetto essenziale che dovrebbe essere invece nelle corde di chi gestisce il bene pubblico: creare le condizioni perché possa essere prodotta conoscenza nuova. Perché si diffonda il concetto di bellezza nella pratica quotidiana, non rilanciando a manetta citazioni social sulla bellezza o mettendo un fiore all’occhiello.
Secondo elemento semplice e fondamentale è: non esiste insegnamento senza apprendimento. Impossibile trasmettere a senso unico, chi ha qualcosa da insegnare deve potersi mettere in gioco, apprendere mentre insegna. A parole tutti vi diranno che è così, ma non è vero. La moda ci dice che più un vip è autoreferenziale, più il concetto è televisivo – quindi da uno alla massa – più somiglia alla cultura che conosciamo e che purtroppo ci insegnano a riconoscere automaticamente. Deprimente e classista, che produce quell’ignoranza che sempre più pretende voce e visibilità. Guardatevi intorno per cortesia e fatevi un’idea…
Il maestro è quello che dialoga, che opera come in una bottega rinascimentale, fianco a fianco con l’allievo, sapendo che l’allievo, il più giovane, il barbaro, possiede un mondo straordinario che nella relazione e condivisione crea la possibilità felice dell’educazione permanente.
Abbiamo parlato del maestro e dell’allievo, per esemplificare. Ma potremo parlare del dono quasi perduto dell’ascolto, o del miracolo delle diverse generazioni che si tirano su le maniche e insieme fanno del pensiero un’azione. Di tutto quello che occorre per vangare il terreno secco della conoscenza, in modo che sui territori possano crescere cose impensate e meravigliose, capaci di dialogare col mondo.
La nostra storia parla questa lingua sovversiva, cavalca l’ambiguità della conoscenza che ha in sé elementi rivoluzionari. Proprio perché la vita è un lungo percorso in cui si è maestri e allievi; a volte si deve insegnare, ogni giorno ti tocca imparare…

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