di Antonio Brizioli
Ci hanno abituato a ragionamenti innaturali. Ci hanno abituato a valutare le azioni sulla base di indicatori che effettivamente non le misurano.
Solo quei pochi che l’hanno provato sulla propria pelle sanno cosa significhi elaborare un progetto da zero. Valicare quel muro impenetrabile che separa il terreno del pensiero da quello dell’azione. Accettare il rischio di risalire la corrente senza alcuna garanzia di riuscita. Ci vuole un po’ di coraggio, ci vuole un po’ di passione.
Quando abbiamo fondato il progetto Emergenze, poco più di un anno fa, non abbiamo ragionato più di tanto sulle conseguenze, sulle durate, sulle prospettive, sulle possibilità di guadagno, di crescita, di riuscita. Abbiamo parlato a lungo invero; ma solo di come dovessimo plasmare la materia cartacea che stavamo affrontando, di come potessimo stimolare l’umanità che ci apprestavamo ad incontrare, di come potessimo sensibilizzare le istituzioni con cui ci fossimo trovati a dialogare o a scontraci. Mai di durata, mai di prospettiva, mai di matematica, mai di indicatori.
Perché gli indicatori sono fatti per trasformare tutto in fallimento. Dimostrano che una serata stupenda non ha portato alcun guadagno, dimostrano che un’azione così appagante alla fine è stata inutile, dimostrano che ciò a cui sei fiero di dedicare la vita in fondo non ha prospettive, dimostrano che poi alla fine le esperienze che stai facendo sono a tempo determinato e quindi portano con sé il germe della sconfitta.
Gli indicatori dimostrano un sacco di cose. Dimostrano per esempio che è meglio fare una vita da schiavo che una da eroe, che è meglio tacere che urlare, che è meglio soprassedere che ribellarsi. Non esistono indicatori che registrino la componente umana.
Siamo dentro un’avventura a cui in fondo gli indicatori danno ragione. Emergenze in un anno è cresciuta su tutti i fronti. Un gruppo di quattro persone è diventato un’associazione di 500 soci. La voglia di inventarsi giornale ha assunto le forme concrete di un periodico che ha venduto 5.000 copie e dispone di un’edicola di proprietà dalla quale distribuirsi. Abbiamo trovato tanto sostegno, gli sponsor, i contatti con le istituzioni. Abbiamo delle prospettive di crescita. Siamo in salute, direbbero gli indicatori.
Ma non dicono nulla della verità di questa esperienza. Non dicono nulla della componente umana che la alimenta e ne costituisce la più importante caratteristica, la più prodigiosa verità. Siamo un gruppo di persone dai 21 ai 58 anni in costante e paritetico dialogo. Giornalisti e grafici con decenni di attività alle spalle tendono braccia e orecchie a studenti senza alcuna esperienza lavorativa. Esperti di materie molto diverse, anime variegate di un unico gruppo di lavoro e pensiero.
Gli indicatori non ci dicono cosa significhi passare una notte a tessere un filo rosso sotto la bufera con la sola forza di un’idea a cui dare corpo, di una scultura sociale a cui dare anima. Gli indicatori direbbero forse che hai buttato via quella notte. E figurati se ti consentirebbero di progettare un giornale di carta nel momento in cui le statistiche parlano di morte del cartaceo, di acquistare un’edicola nel momento in cui le statistiche parlano di un luogo destinato a sparire dalle geografie urbane. Gli indicatori ci consigliano di fare altro, di trovare un lavoro normale, di accantonare un possibile fallimento in favore di un fallimento certo. Ma quegli indicatori sono sbagliati e la nostra esperienza lo dimostra.
Il nostro giornale non solo funziona ma è una realtà. La nostra edicola pulsa di vita ancor prima di essere inaugurata. Le nostre conversazioni sono autentiche sfide alla ragionevolezza.
Quando siamo insieme ci divertiamo. Ci vogliamo bene. Giochiamo a sorprenderci a vicenda e sfidare i territori inesplorati. Amiamo stimolarci, amiamo essere diversi. Siamo esemplari in questo, perché non seguiamo alcun indicatore.
Come abitanti di un corpo destinato a marcire possiamo forse essere spaventati dalla durata di un progetto? Dovremmo forse essere terrorizzati dal concetto di fine?
Alle volte, quando ci pongono di fronte le presunte verità dettate dagli indicatori, dai trend e dalle statistiche ci viene da pensare: “Ma perché non ve li ficcate nel culo?”.
Sempre super.
Complimenti.
S.