Ho bisogno che tu sia molto più vicina.
#UNO. Abbiamo bisogno di libri che ci rendano migliori, anche solo per pochi minuti.
Potrei già fermarmi qui.
Di motivi, a mio avviso, per convincerti a leggere un libro sinceramente straordinario come I Dimezzati, Storie di donne e uomini a metà, edito da CTRL books e uscito il 9 maggio scorso, ne basterebbe uno ed è questo. Ma ci sta che non ti fidi.
Probabilmente nemmeno io lo farei, dai che cazzo significa che questo è un “libro che ci rende migliori”, in cosa? Come? E poi dovresti anche aver pensato “Sì, vabbe’, ma non lo dicevamo anche della quarantena?” del COVID, del Natale, dei totalitarismi, di Pippo Fava, del lavoro per cui hai studiato una vita, della scissione dell’atomo di idrogeno, dell’arrivo di un figlio, della morte di una persona cara, della tv a colori, di Sky, di internet, di un viaggio in Tailandia…
Ho capito, eccone allora altri 12 (+1), di motivi, per comprare (e leggere) I Dimezzati. Storie vere di uomini e donne a metà.
E una colonna sonora per accompagnare il viaggio: Transatlanticism dei Death Cab for Cutie.
Buona traversata.
#DUE. È il secondo volume della Trilogia Normalissima.
Già il fatto che un libro nel 2020, sia il secondo volume di una trilogia lo renderebbe meritevole di attenzione. I dimezzati segue infatti l’uscita de Gli Ultrauomini. Terrestri di Italia in contatto con altre dimensioni, che è stato raccontato qui (https://www.emergenzeweb.it/siamo-noi-gli-ultrauomini/) da Francesco Merlino. Superfluo dire che a mio avviso andrebbero letti e posseduti entrambi, come per ogni trilogia che si rispetti.
#TRE. Il reportage narrativo, marchio di fabbrica della redazione di CTRL
Storie vere, laterali, fuori dai radar, raccontate da scrittori e fotografi. I Dimezzati nasce da qui, dal principio fondante e costitutivo della redazione di CTRL, composta da Nicola Feninno, Chiara Generali, Alessandro Monaci, Michele Perletti. Da Bergamo. Dal progetto della loro fanzine nata nel 2009, trasformata poi in un magazine di reportage narrativi e fotografici e poi anche in una casa editrice di libri reportage, distribuiti nelle migliori librerie indipendenti d’Italia.
Sempre nello stesso slancio, mai banale, di raccontare storie di persone reali, dalla signora della stireria sotto casa alla star mondiale, senza andare alla ricerca della stranezza per forza, della diversità fine a se stessa, ma lasciando che la loro prospettiva ci permettesse intravedere un altro pezzettino di umanità, quello rimasto fuori dai radar del nostro quotidiano, appunto.
#QUATTRO. Non ci sono personaggi, ma persone.
Eccone alcune: Eleonora che dopo aver scoperto di essere stata adottata, ha cercato la madre per 35 anni; Lena (nome di fantasia), che lavora nell’editoria per bambini e nella produzione di film porno; Valentina, Irina e Irina, badanti, le cui vite assieme a guidatori di pulmini ucraini e presbiteri della chiesa ortodossa si intrecciano a quelle dei nostri nonni; Elisa, nata udente da genitori sordi; Gli appellanti, a cui è rimasta solo la voce e un numero di telefono; Luca, che ha preso parte a molte guerre e a troppi orrori, che oggi organizza team building aziendali nei boschi; Francesca, la Nana Bianca, che è alta poco meno di un metro, anima immensa, che ha perfino poi controrecensito il libro in cui la sua storia è stata raccontata, idola indiscussa (https://nanabianca.blog/2020/05/09/io-tra-i-dimezzati-ctrl-magazine/). E ovviamente gli autori, tutti con un piede dentro le storie, copiloti fedeli sull’orlo di questo burrone, della fragilità umana, della nostra fragilità.
#CINQUE. È un libro che insegna a mettersi alla giusta distanza dagli altri
Se queste storie le avesse scritte Capote si sarebbe cancellato dalle pagine con un colpo di spugna e varichina, se le avesse raccontate Carrére, avremmo sentito la sua presenza, perfetto ma a volte ingombrante, come un padre che siede sul bordo del letto la sera per parlarti di sesso.
Quando si parla di ferite, di qualcosa di molto intimo, che riguarda una persona in carne ed ossa, credo sia fondamentale muoverci tra questi due estremi tra la sparizione (impossibile) e l’ingerenza (inevitabile), non tirarsi indietro, ma nemmeno comparire come un Paolini qualunque in una diretta televisiva, posizionarci in modo onesto, empatico, alla giusta distanza.
Penso che questa sia una buona palestra anche per la vita e gli autori, così diversi tra di loro, credo senza essersi messi d’accordo, nel libro ne danno una lezione esemplare.
#SEI. Gli autori dei singoli reportage
A questo punto non posso fare a meno di citarli. I 13 reportage narrativi sono a cura di Giulia Callino, Lorenza Ghinelli, Davide Gritti, Ndack Mbaye, Valerio Millefoglie, Alessandro Monaci, Gaetano Moraca, Angelo Mozzillo, Donato Novellini, Martino Pinna, Nicolò Tabarelli, Zeno Toppan, Salvatore Toscano, Michele Vaccari, l’incontro semi divino è raccontato da Stefano Sgambati.
Mi andava di nominarli tutti, davvero, bravi e generosi.
#SETTE. I luoghi (e ovviamente le persone che li vivono)
C’è un paese che sta scomparendo alle pendici dell’Adamello, in provincia di Brescia, e una manciata di persone che lottano contro i colonialisti del weekend, contro i turisti accolti come i salvatori della patria, contro la montagna che diventa un parco a tema montagna, il finto eden degli uomini sostenibili, una fottutissima cartolina della montagna.
C’è una lavanderia nella periferia di Milano che contiene due mondi divisi da una tenda, da una parte Abir, la proprietaria, dall’altro due uomini che stirano nell’ombra.
C’è Torcello, un’isola anche lei metà, fitta di visitatori di giorno e popolata da una decina di persone di notte, dove ha vissuto la sua infanzia Ndack, scrittrice che racconta anche del dimezzamento della sua famiglia, tra il Senegal e un atollo nella laguna veneziana.
C’è la clinica del sonno, dove Valerio Millefoglie ha passato la notte percorso da fili elettrici per esplorare l’altra metà della vita e i suoi pazienti.
C’è un paese in Liguria, che forse nemmeno esiste, Montanareto, l’ultimo baluardo di una piccola minoranza combattiva e fiera di comunisti e di cattolici.
#OTTO. La composizione
La struttura ricalca il libro precedente. I dimezzati è composto da 13 reportage narrativi, 40 fotografie da un archivio quasi perduto che fanno da contrappunto allo scorrere delle storie e 1 resoconto di un incontro semi-divino.
Forse non è l’immagine adatta, ma mi fa venire in mente un mosaico bizantino. Un mosaico enorme, di quelli che ci spalancano la bocca verso l’alto e ci lasciano senza la possibilità di masticare parola alcuna, che più ti avvicini più dici “wow ma che roba è?”, insomma 335 pagine così. Forse ho esagerato ma ti assicuro nemmeno troppo.
#NOVE. La veste grafica
Una copertina senza titolo, solo una foto applicata a mano sulla tela bordeaux. Una quarta di copertina che è un’altra copertina ma solo testuale. Le incisioni argentee, le fattezze di un oggetto piccolo, elegante nei caratteri e nei capitoli, prezioso, un piccolo apocrifo di cristi dimenticati dalla storia, tranne uno a cui sono riservate le ultime circa 20 pagine che troverete di colore giallo. Gli autori si riservano di rendere esplicito il motivo di tale scelta prima della lettura. No spoiler.
#DIECI. Le 40 fotografie tratte dall’archivio dell’ex Ospedale Psichiatrico San Niccolò di Siena.
Foto di servizio, senza altri scopi se non quelli del personale che all’epoca aveva bisogno di un volto da apporre a una cartella clinica, fanno da contrappunto alla narrazione e sono accompagnate da una controparte testuale “schegge”, uno strumento di lettura attiva che aiuta a ricostruirne il contesto e a seguire l’invito che Michele Perletti e Chiara Generali fanno di indugiare su ogni fotografia e di provare a immaginarci ciò che viene escluso dai confini dell’inquadratura.
Sono pazienti, uomini, donne, bambini che hanno trascorso la loro vita tra quelle 4 mura (attive dal 1819 al 1999), anche loro spaccati, tra un dentro e un fuori, tra la salute e la malattia.
#UNDICI. È un libro che nel farti male ti farà tanto bene
Quando ho riportato a casa il libro la mia fidanzata ha avuto una reazione strana. Era interessata, lo ha aperto, si è messa a sfogliarlo e si è fissata su una delle prime fotografie che si incontrano. Ad un certo punto, con un gesto rapido, me l’ha restituito dicendo “Oddio no, però tieni, io non ce la faccio”.
Leggendo, ho capito Elena non si era sbagliata, e che la sua reazione istintiva era più che giustificata. Ho contato le volte in cui i miei occhi si sono riempiti di lacrime, come un buttafuori palestrato all’ingresso di un festival gratuito conta le persone che entrano nell’area concerti, che meraviglia.
Ora non mi ricordo se lo abbia detto proprio Nicola Feninno nel corso di un’intervista in diretta su Facebook, oppure l’intervistatrice di turno, che non mi era piaciuta per niente, ma che forse aveva trovato questa frase particolarmente azzeccata che mi è rimasta in testa, vado a memoria: Questo libro è un libro che fa male nel fare bene e fa bene nel fare male. Credo che riassuma bene il concetto.
#DODICI. Siamo tutti dimezzati, non solo dal lockdown
Non so se sia l’effetto del libro che ho appena finito di leggere, ma sta sera mi sembra di essere circondato soltanto da dimezzati. E di esserlo anch’io, ovviamente, io che non ho mai trovato le palle e il cuore per guardare, per raccontare quanta meraviglia umana avevo e ho intorno, io che solo in questo sabato mi sono diviso tra la ricerca universitaria e l’organizzazione dei centri estivi della cooperativa con cui lavoro, tra la musica e la scrittura, tra lo Yoga e il Vangelo.
E se poi il nostro dimezzamento oggi risulta più evidente, nella fluorescenza del loockdown, come se un arrogantissimo Thanos avesse schioccato in tre mesi le dita [Pausa, ognuno pensi a tutto quello che ha perso], Nicola Feninno nella prefazione ci racconta come tutto quello che troveremo in realtà è stato pensato, scritto e fotografato prima che tutto questo disastro ci crollasse sulle spalle.
E infatti, mi viene da pensare proprio che dimezzati lo eravamo anche prima del lockdown, solo che magari non ce ne siamo mai accorti. Eravamo troppo sicuri, troppo barricati dietro al nostro quotidiano “Va tutto bene”, diventato poi nel lockdown “Andrà tutto bene”.
E adesso?
Senza aver realizzato ancora bene a quale normalità siamo ritornati, abbiamo un’altra occasione da sprecare con questo libro per ricordarci l’importanza della nostra fragilità.
#TREDICI. Il suo valore è superiore alla somma delle parti
Questo lo conosciamo bene, è il paradigma di una visione che viene detta olistica o complessa. Come principio si applica alla perfezione a questo libro, un libro di persone e di scelte, di uomini e donne dalla doppia vita, di persone a metà, di persone in bilico, incomplete, come tutti del resto.
Un libro che ci renderà migliori, o forse no, ma che comunque, se ci aiutasse già a capire, come il visconte dimezzato del romanzo di Calvino, “Il bene dell’essere dimezzato: il capire d’ogni persona e cosa al mondo la pena che ognuno e ognuna ha per la propria incompletezza”, non sarà stata soltanto altra acqua sotto i nostri ponti.
+ 1. Tom Cruise
In questo libro lo incontrerete davvero, e sarà come guardarvi allo specchio.
Ok, basta, ancora le rigide regole del NO SPOILER mi impongono di tacere e di non aggiungere altro.
Avrei preferito ti fosti fermat* al punto UNO ma se sei arrivat* fin qui, ti voglio bene e ti meriti davvero tutto il bene (nel male) che potrà farti questo libro.