di Antonio Brizioli
Emergenze è un progetto pianificato e avviato sottoterra. In un paese (e del resto anche in una città) che investe le sempre meno risorse riservate all’arte e alla cultura in progetti calati dall’alto, in mostre che interessano solo chi le fa, in abbellimenti del paesaggio che di fatto lo deturpano, noi, uccelli notturni, siamo emersi dalle profondità etrusche della nostra città. Toccando la roccia del Pleistocene inferiore, 14 metri sotto la piazza del Duomo di Perugia, abbiamo immaginato la nostra regione allagata da mari preistorici ed abbiamo accarezzato la domus incendiata, il muraglione, le volte a crociera della sala del conclave che elesse Celestino V, per poi dire “Eccoci, siamo arrivati.”
“E siamo venuti per restare.”
Abbiamo accarezzato quindi il pelo di questa terra meravigliosa, distendendo un filo rosso che l’ha irrigata come una vena, interagendo, scambiando, ascoltando gli insulti e apprezzando quelli più arguti. Registrando tutto questo nelle pagine di un giornale cesellato a mano e spostando ogni giorno qualche metro più in là la linea delle nostre insaziabili pretese…
Torniamo sottoterra perché a parte tutto ci piace l’umidità, il calcinaccio, il mattone corroso, la stratificazione nella qualche abbiamo trovato il senso vero della città di Perugia e del paese Italia di storie sovrapposte.
Piazza Matteotti, mattinata tarda. Entriamo nel Palazzo del Capitano del Popolo che oggi ospita la Corte d’Appello del Tribunale di Perugia. Metal detector, zaini nel rullo, registrazione dei documenti, tutto ok, si può scendere giù, attraverso una porta che separa il bene dal male, il visibile dall’invisibile, il volto ufficiale della giustizia da quello oscuro… Una metaforica discesa agli inferi meravigliosi di due sale diroccate, che sembrerebbero poterci cadere sopra la testa da un secondo all’altro e che mi assicura la nostra guida esser state in condizioni ben peggiori fino a quando qualche tempo fa non si è provveduto a rafforzarle e concedergli un’illusione di stabilità. Sala gotica la prima perché voltata a sesto acuto e sala salara la seconda, perché un tempo deposito di sale che ne ha mangiucchiato i mattoni pezzo dopo pezzo. Entrambe dimenticate come si dimentica una palla in cantina, un vecchio paio di sci, le scarpette di un bambino ormai grande.
Perugia medievale si sviluppò su due linee, quella della Piazza Grande (Duomo, Palazzo dei Priori, Fontana Maggiore, eccetera eccetera…) e quella del Sopramuro, che ha visto un susseguirsi di interventi e cambiamenti di destinazione impossibili da elencare. In sostanza il Sopramuro nasce dalla costruzione del muraglione di contenimento tuttora apprezzabile verso il Pincetto o il ben più tardo (1933) Mercato Coperto, e dal riempimento dello spazio che lo separava dalla precedente muraglia etrusca: sul terrapieno nasce Piazza Piccola, poi piazza Matteotti. Di qui in avanti, le due facciate del Sopramuro vengono trattate in modo completamente differente, come nelle classiche famiglie in cui un figlio viene riverito e l’altro trascurato. La parte affacciata sulla piazza, luogo ufficiale, comporta facciate sontuose come quella dell’attuale Corte d’Appello; la parte a valle, nota come “campo di battaglia” perché un tempo si era soliti prendervisi a sassate fra rioni con morti e feriti, viene nel tempo dimenticata e lasciata più onesta testimone delle stratificazioni. Soltanto oggi la si è risolta in parte col nuovo Pincetto, la fermata del minimetrò, il tentativo di trasformare in biblioteca gli arconi delle mura e così via…
Non si è ancora messo mano però a queste sale di notevole intensità, nate dalla chiusura a volta dei nicchioni trecentesci creati a sostegno del “murus civitatis de Sancto Petro”, il muraglione duecentesco di cui sopra, edificato con le pietre recuperate dalla demolizione del Castello di Monte Gualandro, per decreto comunale del 1247. Le sale sono quattrocenteste, al pari degli attigui granai e della loggetta dei lanari, ed hanno funzione di magazzini. Un’intera area di deposito sopra la quale sorse poco dopo il Palazzo del Capitano del Popolo, un tempo provvisto di un ulteriore piano merlato, poi demolito per problemi di statica. Già, la statica che è sempre stata un bel po’ precaria nell’area del Sopramuro, tanto che in origine, sempre per decreto del Capitano del Popolo, ogni due mesi due notai andavano ad ispezionare lo stato delle mura, con il disimpegnato compito di capire se da un momento all’altro uno dei pezzi più rappresentativi di Perugia sarebbe crollato. Il tempo è stato clemente.
Che fare oggi di queste sale? Sembrerebbe indispensabile recuperarle, restituirle alla cittadinanza, quanto meno prenderne conoscenza… Pensiamo solo che questi due ambienti polverosi e fatiscenti sono esattamente attigui agli arconi dove in occasione della candidatura di Perugia a Capitale Europea della Cultura 2019 si è ipotizzata e poi progettata la costruzione di una biblioteca. Se pensiamo che di fronte all’esigenza di ampliare le volumetrie del progetto si sono progettati soppalchi piuttosto che chiedersi cosa ci fosse dall’altra parte della parete, ci viene qualche legittimo dubbio sulla credibilità del progetto… Per la sala gotica e la salara si è decisa la sorte della dimenticanza, a beneficio di chi come noi è fatalmente attratto da ciò che si muove sotto la pelle imbellettata delle cose… Fortunatamente, all’interno del tribunale stesso c’è un gruppo di persone che con impegno concreto lavorano alla restituzione ai legittimi fruitori, ovverosia i cittadini, di queste stupende sale di proprietà comunale. Ci auguriamo che ciò presto sia fatto e che identica sorte tocchi agli innumerevoli altri siti meritevoli di più dignitosa sistemazione. Intanto, consentite a noi pervertiti di continuare a vagare come rettili in queste indecifrabili paludi… Dove ogni tanto ci prende perfino la fantasia di sperare che siti come questi siano resi disponibili ai cittadini nella versione diroccata in cui abbiamo potuto visitarli noi. Ciò non è però compatibile con le leggi che governano il mondo, ci accontenteremmo quindi di qualcosa di più ovvio, tipo un restauro, tanto per cominciare.
Un’ultima cosa… Parcheggio del Mercato Coperto, dopo la sbarra d’accesso giri subito a sinistra. Entri in un nicchione di sostengno al Sopramuro e trovi un pilastro a base quadrata gigantesco, su cui si poggia l’intero Palazzo del Capitano del Popolo, oggi Corte d’Appello. Costruito per sostenere un edificio troppo pesante, questo pilastro senza inizio né fine ci ricorda che siamo tenuti in piedi da cose che spesso non conosciamo…
Un ringraziamento sentito alla dott.ssa Claudia Matteini che ci ha condotto con estrema disponibilità e generose spiegazioni negli inferi del palazzo della Corte d’Appello.
Guarda le foto della discesa (scatti di Alberto Brizioli):
E’ una sensazione che ho provato anche io quando sono scesa la prima volta in questi spazi, sontuosi nella loro storia, e orgogliosa di averli inclusi nel progetto degli Arconi, così variato – e con qualche soppalco in meno – e arricchito rispetto ad una prima stesura. E’ in fieri il completamento degli atti amministrativi che porteranno presto al restauro e alla pubblica fruizione degli stessi. Amare la propria città significa appunto valorizzarne la storia e strapparla al degrado. E contribuire a segnalare alla conoscenza luoghi come questi. Complimenti, Antonio!
Bene, sono contento di apprendere la notizia in anteprima e ringrazio di cuore per i complimenti. Un caro saluto e buon ferragosto, Antonio