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Nella geografia artistica umbra, un cantiere risulta fin troppo evidente per non essere fissato come punto di partenza di un’onesta ricomposizione. Si tratta di quel tratto di via San Carlo, a Spoleto, subito fuori le mura di Porta Monterone, sull’antico tracciato della via Flaminia. Un territorio che deve la sua vitalità ad una costante presenza di fermenti dal basso, legati all’impegno dello storico Centro Sociale per Anziani e all’attività artistica di Franco Troiani e dello Studio A’87 da lui fondato. Entrambi gli spazi trovano sede nel complesso dell’ex-Ospedale della Santa Croce, rifugio per pellegrini e malati risalente al 1250 circa, che più recentemente fu brefotrofio femminile (chiuso nel 1974), poi convitto alberghiero e scuola materna fino ad ospitare il Centro Sociale di cui sopra, tutt’oggi operativo in una disposizione rimaneggiata a seguito dei restauri del 2000.

In questo contesto s’inseriscono i due spazi ecclesiastici occupati da Troiani: la ex-chiesa di San Carlo Borromeo, parte del complesso dell’ex-Ospedale, che diviene per mano dell’artista studio, spazio espositivo e luogo di ricerca, e poco distante la piccola cappella della Madonna del Pozzo, subito dentro la porta di Monterone, sul cui altare Troiani espone ogni mese l’opera di un artista diverso da 18 anni a questa parte. Troiani libera e occupa luoghi dimenticati e fatiscenti riportandone alla luce la bellezza e l’attualità, nell’interesse della cittadinanza locale e di chiunque abbia a cuore il patrimonio storico-artistico della nostra regione. Si tratta di un processo di occupazione integrata degli spazi, fuochi di un lavoro artistico che si connota come restauro ambientale di un comparto della città di Spoleto che inquadra l’antica via Flaminia. Nella linea di una sovrintendenza autonoma e dinamica di beni artistici e architettonici, Troiani presidia i luoghi della storia con azioni di conservazione attivista, alternativa alla politica cittadina.

A completare la definizione di questo cantiere iperattivo c’è lo spazio degli “Orti del Sole”, così rinominati proprio da Troiani in sostituzione della prosaica definizione di “Orti degli Anziani” con cui videro la luce fra il 1986 e il 1987. C’era il progetto di un parcheggio per quella zona subito fuori le mura di Porta Monterone, con una vista privilegiata sul Monteluco e sul Ponte delle Torri. L’azione del Centro Sociale, sostenuta dall’amministrazione comunale del sindaco Pietro Conti, fece sì che l’area divenisse invece sede di orti condivisi, divisi in appezzamenti geometrici ed affidati alla cura degli anziani. In tal modo si è configurato uno spazio autenticamente locale e inconsapevolmente internazionale, dato che in molte metropoli odierne la lotta politica ed artistica è proprio diretta alla creazione di giardini pubblici e autogestiti, in risposta alla progressiva privatizzazione degli spazi. In questi orti le esposizioni di Troiani si sono intersecate negli ultimi vent’anni a numerosissime feste popolari; il gioco delle bocce e le feste danzanti nei pomeriggi domenicali erano rituali attesissimi. Con l’attività del Centro Sociale negli Orti e quella dello Studio A’87 nell’attigua ex chiesa di S.Carlo e nella chiesetta della Madonna del Pozzo, in tutto il “Rione” si è vissuto un continuo ed instancabile fermento.

Le azioni di Troiani, che non sembrano perdere forza eversiva col passare degli anni, sono preziose in quanto provocano blitz, diverbi col qualunquismo politico e lo snobismo dell’establishment umbro, troppo intento ai balletti di buone parole e alle ovvietà conformiste. Al contrario, in questi progetti collaborativi l’atto creativo è più importante dell’oggetto creato e questo guadagna significato nella misura in cui porta i segni del lavoro che l’ha generato… Un dipinto non è una costruzione di linee e colori, ma un animale, una notte, un uomo o tutte queste cose insieme. Nello spazio espositivo, o meglio nello studio, l’evento termina prima che sopraggiunga l’abitudine… Oppure l’abitudine diventa rito, come nella resuscitata Madonna del Pozzo dove l’artista compie un happening e vive il più puro dei melodrammi. La sua opera è una perfetta rappresentazione del mito del Non Successo, perché gli happening non possono essere venduti o portati a casa, ma solo incoraggiati. Inoltre a causa della loro natura fluttuante e rarefatta, solo poche persone possono seguirli, rimangono un evento isolato e orgoglioso. Chi li crea è un vero avventuriero, perché gran parte di quello che fa è assolutamente imprevedibile. Chi li crea è un vero truffatore.

 

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